L’invisibilità della consapevolezza

“asdjsaklfj sadjsa aa” (La cecità è il migliore dei sensi)
Del pittore cinese Peng Melokio non conosciamo le opere. Non possiamo valutarne la qualità perchè la moglie le diede tutte alle fiamme dopo la morte dell’artista, per scaldare la famiglia nel gelido inverno del ’63. I figli testimoniano che non avevano mai visto la madre così euforica.
Perché parlare di lui, allora?
Solo per dimostrare come l’arte può cambiare non solo la vita di chi l’ama, ma anche quella di chi non l’apprezza.
L’artista soleva sottoporre la famiglia a lunghe e stressanti sedute, in cui la costringeva per ore ad osservare le sue opere in silenzio. Sosteneva infatti che un dipinto per essere compreso in tutta la sua intensità non ha bisogno di nessun commento. Riteneva qualsiasi interpretazione un insulto all’opera, un modo per cercare di spiegare delle sensazioni che il quadro non era riuscito a trasmettere.
La figlia di Peng, Kopri Melokio, era una scrittrice molto dotata. Già all’età di 5 anni, durante le feste di Natale, recitava in piedi sulla sedia le sue poesie. Ma spesso veniva interrotta dal padre che troppo concentrato su di sé, non apprezzava il talento della figlia.
Kopri forse frustrata dall’impossibilità di esprimere la sua arte ed essere costretta unicamente ad apprezzare quella del padre, adottò una singolare forma di protesta: si bendò gli occhi. Lui si mostrò inorridito e offeso da tale scelta e non furono poche le volte in cui infuriato, strappò la benda dagli occhi della figlia. Ma lei continuava a tenere gli occhi chiusi, determinata a non voler mai più guardare i dipinti del padre.
Purtroppo, però, non poté più scrivere le sue poesie.
La forma di protesta assunse negli anni un aspetto differente. Il non vedere diede a Kopri una più profonda comprensione del mondo. Parlava di sensazioni magnifiche, profonde, sincere, che quando vedeva non aveva mai provato. Profumi più intensi, musiche celestiali che prima non apprezzava fino in fondo.
Insomma, decise di non vedere mai più.
Non sentì neanche più la necessità di scrivere, appagata dall’ascolto di ciò che la circondava. Tuttavia, le sorelle la spronavano a scrivere le sue sensazioni perchè già semplicemente sentendola parlare, provavano un’intensa felicità. Volevano che tutti potessero goderne e raggiungere così quello che chiamavano la leggerezza di un bambino e la consapevolezza di un adulto.
Alla morte del padre, Kopri aveva 40 anni. La notizia la sconvolse e provò dolore e liberazione allo stesso tempo. Restò chiusa nella sua stanza per giorni. La sua coscienza della vita cambiò improvvisamente e le venne voglia di ritornare a vedere. Aveva paura, però, che questo gesto improvviso avrebbe spezzato l’incantesimo della consapevolezza che aveva raggiunto.
Quindi si chiuse nella sua camera e scrisse di getto un libro. Le sorelle preoccupate le chiedevano da fuori la porta se stesse bene. Lei era raggiante e le tranquillizzò. Le parole uscivano dalla penna da sole, senza ostacoli. Quel libro rappresentava il percorso di una vita: dall’infanzia col padre, alla cecità volontaria, fino a quel momento preciso in cui stava scrivendo. Disse che non si sarebbe mai più potuta ricordare delle sue parole, dopo averle imprigionate sul foglio. Poi si strappò la benda dagli occhi, corse fuori e diede solennemente il foglio alle sorelle.
Ne riportiamo un estratto che loro ci hanno consegnato:
“nmn mvc,nhgjkdf hsanxmnc. Sksjfnx mnsdjz sjdfj zxncmnc <s<asnnan cnzxm vncvmxc zxjdnajsndknsajkcxmn cjnxcjknjk sndjkns djknnx cnxnnzkn xkncjkzx kcnzjkx. dfsd nj fkns djknnzmnx mnmnNJDmn samn,Nd smnm<nsa md,nfsmdfns dn dsfnskdnff s dfjsdnfsndf sdds jdfn csd f cn d dfnslkd jnjkfsd sd nfjsdmf n sldkgporjr d sdfdsjfsd.”
Kopri Melokio discepola e maestra di vita, non riuscì a convertire quello che aveva in testa, nell’arte della scrittura. Quella benda che le diede la felicità, le impedì di trasmetterci i suoi insegnamenti, impedendole di vedere ciò che scriveva.
Ci è dispiaciuto di dare noi la triste notizia alle sorelle, che sono purtroppo analfabete.
Ciononostante la ringraziamo per averci provato e sempre la ricorderemo col nome con cui si firmò alla fine del libro.
Grazie, dmsnx Jdmsdn
spesso l’arte è sofferenza o meglio, la sofferenza è spesso veicolo dell’arte.
La sua espressione rende possibile, almeno per un istante, una sensazione di felicità e appagamento.
Mi dispiace che per la povera Kopri questo non è stato possibile
E’ vero, ma è anke vero che Kopri ha avuto una bella vita anche se non è riuscita a trasmetterla a noi. In effetti siamo noi i più sfigati di questa storia.
Personalmente mi sento un po’ offesa dal non poter vivere bene come Kopri, solo perchè ha scritto con la benda sugli occhi. Insomma, poteva pure penzarci.
Non potrò mai sperticarmi sufficientemente in lodi nei vostri confronti per stupirmi ogni settimana con inchieste artistiche che sembrano magicamente prevedere le mie passioni e i miei principali interessi. E’ da quando avevo l’età di anni due e mesi sette che sono un incallito studioso della misteriosa opera del Maestro Peng Melokio e di sua figlia Kopri.
Non ero tuttavia minimamente a conoscenza della grande scoperta riguardante gli scritti della dolce Kopri che precedono la sua coraggiosa decisione di tornare a regalarci il suo sguardo sul mondo.
Mi sono così subitaneamente adoperato per tentare decodificare l’estratto da voi pubblicato. Si tratta infatti di una crittografia di primo livello che consiste nella semplice operazione di scrivere le parole al contrario; il lavoro di decifrazione è stato dunque straordinariamente semplice e ci ha tuttavia rivelato uno degli scritti più toccanti della giovane poetessa, di una tale sensibilità e forza espressiva che sia io che il mio team di studiosi siamo ancora fortemente scossi; commossi da uno scritto che ci rivela il testamento spirituale della grande Kopri Melokio.
Oltre al suo peculiare talento poetico risaltano, in questo estratto, tutte le reminiscenze artistiche lasciate in eredità dal padre Peng. Pensiamo che proprio il difficile rapporto con il genitore, che oscillava tra la repulsione estrema e l’amore più incondizionato, abbia donato alle parole di Kopri Meolokio una profondità e una visione del mondo così incisiva che altrimenti non sarebbe stata forse possibile.
Ecco dunque il testo, da noi decifrato e tradotto, la cui sensibilità raggiunge forse il lirismo dei punti più alti dell’opera dantesca.
Leggetelo ringraziando il padre eterno o chi per lui per il fatto che al mondo sono esistite persone che con cinque righe hanno saputo raccontarci “L’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Buona lettura:
“nmn cvm,fdkjghn cnmxnash, Xnfjsks zjdsnm jfdjs cnmcnxz ^s^nannsa mxznc cxmvcnv nmxckjasnkdnsjandjxz kjnkjcxnjc snkjdns nkxnnxnc xzkjcnkx xkjznck. Dsfd jn snkf xnmznnkjd nmDJNnmnm nmas,Dn mnms^asn dm,snfdmsfn nd ffndksnfsd s fdnsfndsjfd sdds nfdj dsc f nc d dklsnfd dsfkjnj ds fmdsjfn n rjropgkdls d dsfjsdfds.”
Ndsmdj Xnsmd
Incredibile.
Questo ci piace del nostro lavoro, condividere il sapere e giungere insieme a risultati non soddisfacenti: di più.
Una fulminea intuizione di Marino Leo, laureato in crittografia all’università di Paperino (frazione di Prato), ci consente di saperne di più su Kopri. Non solo. Ci consente di assumere un po’ del suo punto di vista. Leggendo la traduzione del testo, infatti, si noterà che è difficile arrivare fino in fondo. Provate. Molti di voi interromperanno la lettura prima della fine del testo, come se fossero “ciechi” davanti all’Opera. Una specie di effetto psicologico che dimostra come Kopri sia riuscita suo malgrado (o forse consapevolmente) a mettere un po’ di lei nel libro.
Grazie ancora Marino.